Bande à Part: Parigi, due balordi e Odile

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(id.) Genere: Noir Regia: Jean-Luc Godard Cast: Claude Brasseur, Samy Frey, Anna Karina Durata: 97 min. Anno: 1964

bande à partArthur (Claude Brasseur) e Franz (Samy Frey) sono due balordi parigini a corto di denaro. Un giorno incontrano ad un corso di inglese la bella Odile (Anna Karina) e ne rimangono da subito infatuati. La ragazza racconta loro che il maggiordomo di sua zia custodisce una grossa somma di denaro in un armadio. I due, attratti dal denaro, progettano di fare un colpo e convincono Odile a diventare loro complice. Le cose non andranno come  sperato.

Pietra miliare della Nouvelle Vague, Bande à Part, settimo lungometraggio di Jean-Luc Godard, è un pudico ménage a trois ambientato in una Parigi fredda e autunnale, nella quale i protagonisti si muovono con ardore e spensieratezza. Franz e Arthur sono due grandi appassionati di cinema, nostalgici e malinconici, mentre Odile è l’emblema della bellezza e dell’ingenuità. Fra i tre si instaura subito una grande sintonia, sorseggiano Coca-Cola nei bistrot e girano per le strade della capitale francese a bordo di una malandata Simca Cabriolet. Arthur e Franz sono attratti da Odile, mentre lei sembra preferire Arthur, il più allegro e meno complicato dei due.

Moltissime sono le scene da mandare a memoria. Una di queste è quella della corsa nelle sale del Louvre. Secondo un quotidiano, un turista americano avrebbe visitato il Museo del Louvre in 9 minuti e 45 secondi, e allora i tre hanno la fantastica idea di provare a fare un tempo migliore. Si addentrano nel Museo, correndo a perdifiato tra le sale, i corridoi immensi e l’incredulità dei visitatori. Escono poi da vincitori, essendo riusciti a visitarlo in 9 minuti e 43 secondi. Questa splendida sequenza è stata citata da Bernardo Bertolucci in The Dreamers, dove Eva Green, Louis Garrel e Michael Pitt scorazzano per il Louvre proprio come Odile, Arthur e Franz. Un’altra è quella della decisione di fare un minuto di silenzio, dove non sono soltanto i tre protagonisti a tacere, ma è proprio l’audio ad essere staccato per una trentina di secondi, in cui Godard sfoggia uno sperimentalismo davvero all’avanguardia per quell’epoca. Senza dimenticare la famosa scena del balletto al ritmo di un disco del jukebox, dove, tra un passo e l’altro, la voce narrante mette a nudo i pensieri dei tre amici. Esatto, perché, come in molte altre sue opere, Godard fa un frequente uso delle voce “fuori campo” (che è quella di Godard stesso), la quale narra la vicende dei protagonisti e propone ardite riflessioni sull’umanità e sull’amore.

Bande à Part è un film di momenti, dove la progettazione della rapina è solo uno sfondo su cui si incasellano, inesorabili, gli istanti (solo apparentemente banali) della vita quotidiana, dove Odile, Arthur e Franz, come tutti i giovani, si divertono e fanno comunella (non a caso il titolo viene proprio dal francese faire band à part corrispondente all’italiano fare comunella).

Bande à Part è un film sulla gioventù eterna, la quale aspira a cambiare il mondo, sprizzante d’energia, come durante l’inquadratura fissa su Odile che, con lo sguardo perso nel vuoto (quello splendido e penetrante di Anna Karina, attrice feticcio di Godard), canta all’interno del metrò, mentre fuori s’intravede come un miraggio la parola liberté che è, alla fine, tutto quello che vagando i tre protagonisti stanno cercando.

Bizzarro, antiborghese, caotico, irriverente, sperimentale, Bande à part è un classico senza tempo, che merita di essere visto e rivisto, nonché ultra citato e super ammirato, tanto che il regista Quentin Tarantino ha chiamato la sua casa di produzione A Band Apart.

★★★★★

bande à part godard

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