Psyco, l’analisi – Parte 1: Voyeurismo

Condividi:

Dopo il flop al botteghino de La donna che visse due volte, Alfred Hitchcock decise di cambiare rotta e girò una pellicola a basso costo avvalendosi di una troupe televisiva. Il film in questione è Psyco, il capolavoro per il quale il regista è più famoso nel mondo nonché il capostipite dell’horror moderno.

La trama è oramai nota a tutti, per cui ci limiteremo a poco più di qualche cenno. Marion Crane (Janet Leigh), un’avvenente segretaria sulla trentina, fugge da Phoenix portando con sé i 40 mila dollari che ha rubato al proprio datore di lavoro. A causa dell’incessante pioggia, è costretta tuttavia a fermarsi al Bates Motel, dove viene assassinata mentre fa la doccia. All’apparenza l’autore del reato è la madre di Norman (Anthony Perkins), il gestore del motel. Marion è subito ricercata da Arbogast (Martin Balsam), un detective di assicurazioni incaricato di recuperare il denaro rubato, il quale però finisce per subire una sorte non molto dissimile da quella capitata alla protagonista. L’amante di Marion e Lila (Vera Miles), la sorella di lei, si recano al motel e in seguito riescono a smascherare Norman: costui era contemporaneamente se stesso e la madre defunta.

Fin dalla prima sequenza, Hitchcock ci rende consapevoli di essere dei voyeur facendoci volare fino condurci, attraverso una finestra aperta, in una stanza d’albergo dove poter spiare due amanti seminudi che hanno appena finito di fare l’amore. Sono le 2 e 43 del pomeriggio e Marion è distesa sul letto con il busto coperto dal solo reggiseno mentre Sam Loomis (John Gavin), a torso nudo, è in piedi accanto a lei. Come osserva il critico Jean Douchet, questa scena soddisfa solo il pubblico femminile. Quello maschile, infatti, vorrebbe vedere di più.

Ad ogni modo, in ragione della clandestinità del rapporto lo spettatore finisce col provare al contempo repulsione e invidia per la donna: è combattuto, come se avesse una doppia personalità. Quasi come Norman. Emerge dunque la tematica del doppio, leitmotiv della filmografia di Hitchcock (basti pensare a La donna che visse due volte e L’altro uomo, solo per citarne un paio). A tal riguardo sono emblematici i numerosi specchi disseminati all’interno del film, i quali danno l’impressione di uno sdoppiamento. Nella scena iniziale Marion si trova davanti allo specchio mentre esprime il suo desiderio di incontrare Sam a casa di lei con il ritratto di sua madre sul caminetto (al pari di Norman, Marion ha perso sua madre; forse la donna aveva rinunciato agli studi per curare l’anziana, ragione per cui non ha potuto far carriera). A casa, una volta rubato il denaro, Marion osserva la propria immagine riflessa nello specchio mentre medita sul da farsi. È presente uno specchio sia nella toilette presso il venditore d’auto, dove Marion conta i soldi, che nella camera numero 1 del Bates Motel. Lila, la sorella di Marion, ha un sussulto di spavento alla vista del doppio riflesso di se stessa nella camera da letto della signora Bates. Ogniqualvolta un personaggio viene inquadrato nello specchio, sta facendo qualcosa di sbagliato; ad esempio Marion “si sdoppia” mentre conta i soldi rubati.

La tematica del voyeurismo affiora soprattutto nella sequenza in cui Norman spia Marion mentre lei si spoglia per la doccia: le inquadrature soggettive permettono allo spettatore di calarsi nei panni di Norman, rendendolo un guardone a tutti gli effetti. Hitchcock rivela il desiderio sessuale dell’uomo attraverso il dipinto che copre il buco nella parete. Si tratta di una riproduzione di “Susanna e i vecchioni”, opera ispirata a vicende bibliche narrate nel Libro di Daniele: nella Babilonia del VI secolo a.C. Susanna viene spiata e poi sorpresa nuda da due anziani, i quali in quest’ultima occasione le rivolgono ricatti a sfondo sessuale. Insomma, Norman rimuove una rappresentazione del voyeurismo, e la sostituisce con l’atto stesso.

In quest’ultima sequenza voyeuristica Marion, osservata attraverso la fessura, porta un reggiseno nero, identico a quello che indossa quando si trova nel suo appartamento dopo aver rubato i soldi. Al contrario, nella scena iniziale ne ha addosso uno bianco. A questo proposito Rita Riggs, costume designer del film, ricorda: «Ci furono grandi dubbi se Janet dovesse indossare nella scena iniziale biancheria bianca o nera. Non si decideva mai. Naturalmente tenevamo pronte entrambe e il signor Hitchcock scelse solo quando eravamo quasi pronti a girare: bianca per la scena iniziale, nera per quando ha già rubato il denaro. Era una definizione del personaggio. Era ossessionato dalla faccenda della “brava” e della “cattiva” ragazza» (Hitchcock – L’incredibile storia di Psycho, pag. 121). Inoltre, prima del furto dei 40 mila dollari la borsa di Marion è bianca, mentre dopo la sottrazione del denaro essa è di colore nero. Tali scelte rispecchiano senza dubbio l’evoluzione del personaggio: all’inizio del film Marion, pur frequentando un uomo sposato, è un’onesta cittadina; a seguito del furto ha invece un’anima gravemente corrotta, rappresentata dal colore nero dei suoi indumenti (volendo essere più materialisti, si può dire che la sua reputazione è ormai compromessa).

Norman riposiziona il quadro alla parete, quindi torna alla villa assumendo espressioni e movenze che tradiscono un forte turbamento. Giunto in cucina, si siede e si volta verso la macchina da presa strizzando gli occhi, quasi si fosse accorto di essere osservato dallo spettatore. Nella sua stanza del motel, Marion calcola quanto denaro le rimarrebbe qualora decidesse di restituire i 40 mila dollari rubati. A questo punto Hitchcock non rivela con chiarezza se Marion avesse deciso di restituire la refurtiva prima di essere assassinata.

Secondo chi scrive, il ravvedimento di Marion è suggerito dal colore delle sue scarpe dopo l’omicidio. Allorché effettua il cambio d’auto, Marion indossa scarpe nere con tacco; al contrario, quando Norman (dopo la scena della doccia) raccoglie le scarpe nella camera del motel, esse sono bianche. E come nel caso della biancheria, anche qui il colore bianco sembra rappresentare la rettitudine, la coscienza morale.

Psyco, l’analisi – Parte 2: Violenza
Psyco, l’analisi – Parte 3: Figlio

Condividi:

Pubblicato da Valentino Zona

Nato a Napoli nel 1990, Valentino Zona è un appassionato di cinema, letteratura e fumetti. Ama il patrimonio culturale partenopeo, di cui auspica la corretta valorizzazione.