Psyco, l’analisi – Parte 2: Violenza

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La celebre scena della doccia è senza dubbio il momento più sconvolgente di Psyco. Dura solo quarantacinque secondi, ma per realizzarla furono necessari sette giorni di riprese e settanta posizioni della macchina da presa. Per molte inquadrature fu usata la modella Marli Renfro, mentre di Janet Leigh si vedono solo le mani, le spalle e la testa. Ad ogni modo, in nessuna inquadratura sono visibili parti tabù.

Nell’apertura della sequenza la quiete regna sovrana, e nulla fa presagire ciò che è in procinto di accadere. Una volta entrata nella vasca, Marion prende una saponetta del motel ed aziona il soffione della doccia posizionato sopra la sua testa. Un getto d’acqua calda inonda il suo volto, procurandole un senso di benessere mentre ha la sensazione di lavare via la colpa di cui si è macchiata. Si insapona il collo e le braccia, sorridendo gaudente, quasi immemore delle preoccupazioni che la affliggevano.

Ad un tratto, mentre la protagonista è di spalle, una figura entra di soppiatto nel bagno e pochi secondi dopo scosta con forza la tenda. Il suo volto è in forte controluce e nessun dettaglio è visibile all’infuori degli occhi e dei capelli raccolti; questi ultimi suggeriscono l’idea che si tratti di una donna. La figura femminile impugna con la mano destra un coltello sollevato in aria, ed è pronta a colpire da un momento all’altro.

Da notare come la signora non sia impersonata da Anthony Perkins bensì dalla stunt Margo Epper; in caso contrario uno spettatore attento avrebbe potuto riconoscere l’interprete, e Hitchcock non intendeva correre questo rischio.

Marion grida terrorizzata alla vista dell’attentatrice e da qui ha inizio l’impetuoso accoltellamento, che dura 22 secondi per un totale di 35 inquadrature.
Per quanto il coltello sembri toccare un punto scoperto del ventre sotto l’ombelico, la lama non penetra mai nel corpo di Marion: la selvaggia violenza di cui è pregna la scena è solo suggerita attraverso il frenetico montaggio e le stridule note di violino composte da Bernard Herrmann. Tra l’altro, queste ultime richiamano il verso di un uccello carnivoro intento a graffiare e a dilaniare la sua preda.

Dopo aver sferrato un’ultima pugnalata alle spalle della vittima, l’assassina si volta ed abbandona il luogo del misfatto. Quindi Marion, con la schiena appoggiata alla parete bagnata, scivola giù con lo sguardo fisso nel vuoto ed infine afferra la tenda staccando uno per uno tutti i ganci. Il suo corpo cade al suolo con il viso rivolto verso il basso, mentre l’acqua continua ad essere irrorata sulle gambe per poi mescolarsi al sangue (in realtà sciroppo di cioccolato) e scorrere verso lo scolo.

Ed è proprio sullo scolo che poi si focalizza la macchina da presa, a sottolineare che la vita di Marion fluisce via. Subito dopo ha luogo la celebre dissolvenza che segna il passaggio dalla forma circolare dello scarico al cerchio dell’iride di Marion; tale effetto riecheggia la sequenza dei titoli di testa di La donna che visse due volte (Vertigo), dove viene inquadrato un occhio femminile all’interno del quale compare una spirale ipnotica che va ingrandendosi. Le pupille di Janet Leigh sono contratte, mentre avrebbero dovuto essere dilatate; una goccia di belladonna sarebbe bastata per renderle tali. Il regista avrebbe rimediato a tale errore in Frenzy, nel primo piano di Barbara Leigh-Hunt, violentata e strangolata da un fruttivendolo serial killer.

Con la scena della doccia, che probabilmente rappresenta l’omicidio più famoso della storia del cinema, Hitchcock riesce a lasciare sbigottito lo spettatore, senza però nausearlo. Si tratta di un vero e proprio colpo da maestro.

Psyco, l’analisi – Parte 1: Voyeurismo
Psyco, l’analisi – Parte 3: Figlio

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Pubblicato da Valentino Zona

Nato a Napoli nel 1990, Valentino Zona è un appassionato di cinema, letteratura e fumetti. Ama il patrimonio culturale partenopeo, di cui auspica la corretta valorizzazione.