Psyco, l’analisi – Parte 3: Figlio

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Uno degli aspetti più sorprendenti di Psyco è la sua capacità, impressa dal maestro della suspense Alfred Hitchcock, di manipolare il pubblico fino a far sì che condivida il punto di vista di un personaggio e parteggi per quest’ultimo. Lo spettatore infatti fa dapprima il tifo per Marion, specie nel momento in cui il poliziotto in motocicletta le chiede i documenti, e poi alla morte di lei prende partito per il personaggio al centro delle vicende immediatamente successive: Norman Bates.

Dopo aver rivolto urla terrorizzate a “sua madre” («Mamma! Mio Dio! Mamma, che hai fatto? Cos’è tutto questo sangue?» ), il gestore del motel si reca sulla scena del crimine al fine di rendersi conto della situazione. Alla vista del corpo sanguinante disteso al suolo, prova un intenso orrore e si volta coprendo la bocca con la mano (forse soffocando un urlo). Il brusco gesto causa la caduta di un quadro affisso al muro, raffigurante un uccello (i riferimenti agli uccelli abbondano, quasi a presagire la successiva pellicola di Hitchock: Gli uccelli).

In breve Norman si ricompone e, presi scopa e secchio nell’ufficio adiacente (sulla cui porta è proiettata un’ombra che forma la sagoma di una ghigliottina), comincia a pulire le tracce del delitto. Da qui lo spettatore si identifica con il devoto figlio deciso a proteggere la madre malata; inoltre la cura certosina con la quale Norman cancella ogni prova contribuisce senz’altro a renderlo più simpatico. Di conseguenza, quando getta nella pozza d’acqua l’automobile – al cui interno ha nascosto il corpo e il denaro avvolto in un giornale – e questa si ferma, lo spettatore spera di vederla sprofondare del tutto. Appena ciò accade tira un sospiro di sollievo: desidera che il crimine rimanga impunito, diventandone complice. Mentre il veicolo viene inghiottito, è possibile leggerne la targa: NFB 418. NFB sta per Norman Francis Bates, il nome completo del proprietario del motel. Francis è peraltro un riferimento a San Francesco d’Assisi (Saint Francis of Assisi in inglese), che – secondo la tradizione – rivolse una predica agli uccelli. Sia Marion che la busta con i soldi escono quindi di scena rivelandosi entrambi MacGuffin, vale a dire pretesti per mettere in moto la storia.

Da notare che Norman è mancino: questi, infatti, dopo l’omicidio raccoglie con la mano sinistra alcuni oggetti presenti nella camera, tra cui il giornale e le scarpe bianche, e allo stesso modo mangia le caramelle in presenza del detective Arbogast. Al contrario, quando sua madre ha il sopravvento diventa destrorso, e il modo in cui impugna il coltello nella scena della doccia ne è la prova lampante.

Nella seconda parte del film vengono presentati due nuovi personaggi, per i quali lo spettatore non nutre particolare interesse: Lila, la sorella di Marion, e Arbogast. La prima viene spesso vista di spalle e sempre infagottata in vestito e cappotto, per cui può risultare una persona oltremodo seriosa. Il secondo invece ricalca lo stereotipo del detective insistente e noioso (riecheggia il tenente Colombo, a dirla tutta). Insomma, Norman Bates continua ad essere l’unico personaggio interessante.

L’identificazione dello spettatore con Norman termina quando, a seguito della telefonata tra quest’ultimo e lo sceriffo, si apprende che “la madre di Norman Bates è morta e sepolta nel cimitero di Greenlawn da buoni dieci anni”. A questo punto lo spettatore sa che il proprietario del motel ha un segreto, e spera che qualcuno riesca a scoprirlo: pur di avere la spiegazione della storia smette di parteggiare per Norman.

Man mano che il film procede, la violenza è sempre minore perché essa è stata trasferita nella mente del pubblico attraverso il primo efferato omicidio (quello di Marion). Infatti sono sufficienti i celebri “trin trin trin”, vale a dire le stridule note di violino, per terrorizzare lo spettatore durante gli assalti della madre.

In conclusione, la grandezza di Psyco risiede nella sua attitudine ad infrangere le più consolidate convenzioni cinematografiche: il capolavoro di Hitchcock uccide la protagonista a metà film e riserva la medesima sorte al detective sulle tracce di lei; tralascia una possibile relazione d’amore tra Lila e Sam ed omette un happy ending. Infatti al termine del film a sorridere è solo la madre, che ormai ha preso il sopravvento sul figlio Norman. Hitchcock traspone sul grande schermo il caos della vita reale, nella quale non sempre il bene trionfa e spesso si cade in trappole da cui è difficile liberarsi.

Psyco, l’analisi – Parte 1: Voyeurismo
Psyco, l’analisi – Parte 2: Violenza

 

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Pubblicato da Valentino Zona

Nato a Napoli nel 1990, Valentino Zona è un appassionato di cinema, letteratura e fumetti. Ama il patrimonio culturale partenopeo, di cui auspica la corretta valorizzazione.