Sicario, film di guerra nei panni di un thriller

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Id. – Genere: thriller – Regia: Denis Villeneuve – Cast: Benicio Del Toro, Emily Blunt, Jon Bernthal, Josh Brolin, Victor Garber, Daniel Kaluuya, Jeffrey Donovan – Durata: 121 minuti – Anno: 2015

sicario-denis-villeneuve-posterPresentato all’ultimo Festival di Cannes con un buon riscontro di critica, anche se non ha ricevuto premi, arriva in Italia Sicario l’ultima fatica cinematografica di Denis Villeneuve (La donna che canta, Prisoners, Enemy -inedito in Italia). Il regista canadese mette in scena uno script che sembra essere stato scritto apposta per lui da Taylor Sheridan.
Sicario racconta la storia di un’agente dell’FBI, Kate Macer, che entra a far parte di una task force per combattere il cartello della droga messicano in un’operazione dai molti lati oscuri. In primis la collaborazione di Alejandro, un ex pubblico ministero colombiano e Matt, il capo dell’operazione.

A partire dai loghi di produzione e distribuzione del film, Sicario fa entrare lo spettatore nel clima di tensione attraverso una musica molto cupa che poco a poco diventa sempre più invadente. Dopo la definizione del termine “sicario”, siamo direttamente catapultati al centro dell’azione durante un’operazione dell’FBI che avrà una scoperta sconcertante. Subito dopo, ecco Kate in bagno davanti a uno specchio in cui la sua immagine riflessa è offuscata da un alone di umidità. Si tratta di un indizio sul percorso emotivo ed etico che compirà la protagonista: la perdita di sé stessi e la messa in gioco di ogni cosa in cui crede. “Niente avrà senso per le tue orecchie da americana e dubiterai di tutto ciò che faccio” le dice infatti, Alejandro (Benicio Del Toro) in una delle prime scene dove li vediamo insieme.

La prima scena ha già la forza di una metafora dell’intero film, un thriller con le caratteristiche del film di guerra, dove però il marcio si annida anche laddove solitamente si può stare tranquilli. Così, una casa diventa un covo di morte, una tranquilla serata al pub nasconde una terribile insidia e una scottante verità, la polizia non è sempre dalla parte dei buoni e via dicendo.
Il tono cupo e la tensione mantengono un livello sempre alto per tutta la durata della pellicola senza mai allentare la presa e il punto di vista di Kate Macer diventa il punto di vista dello spettatore. In una realtà più grande di quella che pensava, la sua presenza diventa semplicemente numerica ed è impossibile agire secondo le regole in un mondo che di regole non ne ha.

La tensione passa anche attraverso gli spazi. Nonostante il grande respiro che offrono i diversi panorami inquadrati, che siano le riprese aeree della città o le inquadrature all’interno di un immenso hangar o di lande deserte, la sensazione è sempre quella di essere in trappola (esemplare in questo senso è la scena al casello dell’autostrada).
Il merito va sicuramente anche alla fotografia, diretta ancora da Roger Deakins alla sua seconda collaborazione con il regista canadese dopo Prisoners, di cui per altro non ci sono più parole per descriverne la bellezza. L’utilizzo della tavolozza di colori lascia sbigottiti soprattutto nelle scene notturne e all’imbrunire (l’immagine dei soldati che spariscono sotto la linea di un orizzonte vicinissimo è una delle più forti e significative del film).

Siamo evidentemente nel territorio del cinema d’autore e la regia di Denis Villeneuve è elegantissima e precisa nel raccontare una storia di cruda realtà.
Il suo Sicario è un film che non solo ha una trama ben costruita e delle belle immagini, ma mentre parla dei dubbi sulla fede della sua protagonista mette in dubbio anche l’efficacia di un’intera Nazione nella lotta contro il mondo della droga. Gli Stati Uniti vogliono far credere che la situazione sia sotto controllo, ma sono costretti a servirsi di mezzi uguali a quelli dei loro nemici per poterli combattere. È così che il personaggio di Alejandro, Benicio Del Toro in una delle migliori interpretazioni degli ultimi anni, diventa lo specchio di una necessità moderna. Se il cinema da qualche anno ci propone una serie sterminata di film sui supereroi di fantasia dagli alti valori morali e che difficilmente sgarrano, l’Alejandro di Del Toro incarna l’eroe “reale” che per risolvere le situazioni si sporca le mani fino in fondo, mettendo da parte qualsiasi rimorso e scontrandosi contro l’etica di chiunque.
Al suo fianco, un mastodontico Josh Brolin che fa a gara con gli altri a chi buca di più lo schermo.
Ma la vera protagonista, come si diceva poc’anzi, è Emily Blunt, unica donna in un cast di soli uomini. L’attrice inglese tiene testa a tutti i “lupi” d’oltreoceano con un gran carisma. Si può forse sollevare un dibattito sulla povertà di scrittura del suo personaggio, ma è la sua recitazione a restituirne tutte le sfaccettature.

★★★★

 

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Pubblicato da Giuseppe T. Chiaramonte

Nato a Catanzaro nel 1988, vive nella provincia di Milano da sempre. Appassionato di cinema fin da piccolo capisce che vuole farne la sua vita quando vede La compagnia dell'anello. Nonostante l'imprinting col genere blockbuster, che rimane nel cuore, la conoscenza del cinema d'autore arriva qualche anno dopo grazie agli studi e ora tra i suoi registi preferiti si contano nomi come Billy Wilder, Orson Welles, Alfred Hitchcock, Martin Scorsese, David Fincher e Christopher Nolan. Ma siccome nella vita è un montatore video, la vera fonte di ispirazione arriva dalla leggendaria Thelma Shoonmaker, dal maestro Walter Murch e Kirk Baxter.