Steve Jobs e l’importanza di chiamarsi Aaron Sorkin

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id. Genere: Biografico, drammatico Regia: Danny Boyle Cast: Michael Fassbender, Kate Winslet, Seth Rogen, Jeff Daniels, Katherine Waterston, Michael Stuhlbarg Durata: 122 min Anno: 2015

SJB_Tsr1Sht5_RGB_0818_1-780x1235Lo sceneggiatore Aaron Sorkin e il regista Danny Boyle, costruiscono questo imprevisto semi-biopic incentrando il film sul lato oscuro della personalità di quello che negli anni è diventato un vero e proprio guru. Specificando che chi scrive non è mai stato un appassionato dei suoi prodotti, né tantomeno del personaggio Steve Jobs e dei popolari discorsi pubblici (su cui lo stesso Sorkin aggiunse qualche correzione), soffermiamoci, quindi, sulla sceneggiatura.

Steve Jobs è diviso in tre parti e la scena si svolge quaranta minuti prima del lancio di altrettanti prodotti. 1984 – Apple Macintosh, 1988 – NeXT e 1998 – iMac. Il defunto magnate americano avrebbe sicuramente ammirato la disciplina spietata di Sorkin. Il dietro le quinte dei teatri, luogo d’ambientazione delle sue presentazioni, diventa il vero palcoscenico nel quale si mSovono in maniera memorabile gli attori. Siamo passati dall’imitatore Ashton Kutcher (Jobs, 2013) all’attore Michael Fassbender. L’irlandese ne impersona la personalità, non il fisico. Rifiutato prima da Christian Bale e poi da Leonardo DiCaprio, quello di Jobs è un ruolo che gli permette di esprimersi non solo in carisma ma di imbastire dei veri e propri duelli verbali con la straordinaria Kate Winslet, nel ruolo della tuttofare Joanna Hoffman. Aaron Sorkin si diverte a fare Shakespeare e raggiunge l’apogeo con l’incredibile scontro tra Jobs e John Scully, mentore e rivale con le fattezze di un potentissimo Jeff Daniels. La musica, nella scena, cresce sempre di più, rendendo il momento incredibilmente epico e con sprazzi edipici, dato che Scully rappresentava una sorta di padre adottivo per Jobs e la madre, manco a dirlo, era la Apple. Lo Steve “Woz” Wozniak di Seth Rogen finisce un po’ sottotono di fronte ai tre colossi, ma è comunque da lodare. Fassbender non abbandona nemmeno un frame e sfida se stesso inscenando un “Amleto parte II”. I riferimenti a Shakespeare tornano sempre, e non solo perché Sorkin è il Bardo, ma perché l’attore incarna un moderno Re Lear della Silicon Valley. Tutti vogliono qualcosa da lui e lui si scomoda a prendere delle decisioni solo pochi secondi prima del lancio di un nuovo prodotto, una sorta di masochismo, una prova. Ma quella che torna sempre è la responsabilità con sua figlia Lisa, un rapporto padre-figlia descritto perfettamente fino a 5 minuti prima del finale fin troppo hollywoodiano nei toni, che smonta il lavoro costrutito dal resto del film.steve-Jobs-film-1

La regia di Danny Boyle è assolutamente timida, quasi invisibile. Lo script consente alla commedia in tre atti di giocare il proprio ruolo, con il proprio ritmo, ma il regista nel frattempo sembra essere proprio distante, si affanna a stare dietro i dialoghi serrati e usa il montaggio a sproposito per riuscirci, la solita spavalderia cinematografica di Boyle. L’inutile proiezione sulla parete di un aneddoto su Skylab è la sintesi perfetta del suo stile registico, di cui ammiriamo comunque lo sforzo grazie anche alla scelta di girare lo spezzone del 1984 col 16 millimetri, quello del 1988 col 35 mm per poi arrivare nel 1998 con immagini digitali, uno sguardo al futuro insomma.

Steve Jobs è un documento ricco e potente dei tempi che corrono, l’espressione della soggezione di creare nuovi sofisticati beni di consumo e il disagio di un inutile entusiasmo nell’attesa del loro arrivo. Ma soprattutto si tratta di un audace intrattenimento intellettuale, una sfida alle convenzionali e pigre opere narrative di Hollywood e una festa per gli intenditori della recitazione contemporanea da grande schermo.

★★★

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Pubblicato da Michele Giacci

Michele Giacci nasce a Napoli il 31 maggio 1987, l'anno di Full Metal Jacket, Il cielo sopra Berlino, Gli Intoccabili, Wall Street e del primo scudetto del Napoli di Maradona. Cresce coi western alla tv e coi film di Spielberg al cinema, insieme ai romanzi di formazione del ventesimo secolo e all'amore incondizionato verso l'isola d'Irlanda.