Jackie, il dolore di una First Lady raccontato con maestria da Pablo Larraín

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Genere: Drammatico, biografico Regia: Pablo Larraín Cast: Natalie Portamn, Peter Sarsgaard, Greta Gerwing, John Hurt, Max Casella, Beth Grant, John Carroll Lynch Durata: 95 min Anno: 2016

jackieCineasta oramai riconosciuto in tutto il mondo, Pablo Larraín è il nuovo esteta del cinema contemporaneo che con le sue doti innate ha la capacità di prendere tra le mani l’essenza stessa della settima arte per plasmarne con intelligente ed armoniosa maestria gli strumenti necessari a realizzare opere destinate ad imprimersi prima sullo schermo poi nella nostra mente. Un fulgido e impressionante talento che lascia senza fiato film dopo film, sequenza dopo sequenza, quadro dopo quadro. Come un artigiano fornito di emozione e scintille da assemblare insieme per porre le fondamenta di un Cinema che eleva la propria dimensione dando nuova linfa alla propria anima, il regista cileno regala a questo splendido universo artistico un rinnovato, onirico, ovattato e assieme sconvolgente respiro.

A ridosso dei suoi ultimi due incredibili successi, il brutale e tormentoso El club (2015) e il poetico e surreale Neruda (2016), Pablo Larraín si dedica al cinema internazionale ritraendo con la sua prima produzione americana la figura regale e controversa della ex First Lady Jacqueline Kennedy nel film Jackie, uno spaccato di dolore condensato nei giorni successivi all’omicidio del marito Presidente, ripresi con grazia e potenza dal grandissimo regista.

Atterrati a Dallas, in Texas, per la campagna elettorale, la corsa in macchina del Presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy si trasformò in pochi secondi da una parata festiva piena di saluti e fiori in una corsa contro il tempo per non abbandonare la vita. Subìto uno sparo alla testa e morto accovacciato sulle gambe della propria moglie, Jacqueline Kennedy (Natalie Portman) torna con gli abiti sporchi di sangue nell’immacolata Casa Bianca per organizzare i funerali del defunto marito. In un vortice di procedure, doveri e obblighi improrogabili, la vedova ferita dovrà rendere memoria dell’esistenza e dell’operato del suo coniuge scomparso, un’operazione che intaccherà l’emotività, le certezze e la stabilità della ormai vuota Jackie.

La sofferenza di una donna a trecentosessanta gradi, l’eccellenza di un regista abile nell’incanalare con perfezione un’infelicità troppo grande, la bravura folgorante di un’attrice impeccabile dall’espressività distruttiva in pieno contatto con la più precisa concezione di mimesi. Allo stesso modo in cui la spaesata Jackie si preoccupa di come – forse senza garbo, forse con indulgenza – verrà trattata lei e soprattutto la sua famiglia durante il proseguire della Storia, lo spettatore si domanda come un’opera possa incorporare tale potenza visiva e narrativa nel breve tempo di una pellicola cinematografica, cogliendo la grandiosità di un film quale Jackie che nel Cinema affonda le sue radici e lì rimane piantato. Ancora una volta aiutato dalla suggestione grezza a richiamare la percezione di un corpo di cellulosa nel proiettore, merito questa volta del diretto della fotografia Stéphane Fontaine, con il suo ultimo film Larraín incornicia la vanità e l’acume di un’icona del passato che aprì le porte della Casa Bianca al popolo, ma che afflitta e annebbiata da un colpo insopportabile da portare si chiuse nei meandri di un’inaspettata sé stessa.

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Dimenticando la convenzionalità del campo e controcampo, la scelta di intrappolare i volti in una composizione frontale costringe lo spettatore a porsi spalle al muro lasciando che i primi piani della protagonista Natalie Portman lo catturino fino a farlo rimanere estasiato, incredulo davanti ad un’interpretazione di cotanta perizia e bellezza. Un film che ruota tutto intorno al suo enigmatico personaggio principale, un ruolo che riconferma la Portman tra le grandi attrici del nostro tempo.

Concentrandosi suoi giorni dei preparativi per il saluto finale al Presidente Kennedy, Jackie è un’ode umana portatrice delle infinite sfaccettature che mai un simbolo mondiale può permettersi di mostrare, indagando con la bellissima ambiguità delle sceneggiature dei film di Pablo Larraín un animo pubblico nella sua sfera privata. Un’opera, come i precedenti lavori del regista, che riconferma la magnificenza del suo autore; un film che nella Storia sarà ricordato come puro Cinema.  

★★★★

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