Blackhat, il profondo romanticismo di Michael Mann

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Id.Genere: thriller – Regia: Michael Mann – Cast: Chris Hemsworth, Leehom Wang, Wei Tang, Viola Davis, Holt McCallany, Ritchie Coster – Durata: 134 minuti – Anno: 2015.

blackhatNEWC’è un sano romanticismo di fondo nell’ultimo lavoro di Michael Mann, Blackhat. Il cyberthriller scritto da Morgan Davis Foehl si serve del futuro per raccontare una storia alla maniera in cui si faceva un tempo. Allo stesso modo parte da una tecnica cinematografica odierna, un’impressionante sequenza in CG che percorre le infinite strade di schede madri e collegamenti tra computer, per arrivare ad un classicismo ed una pulizia nella narrazione per immagini incredibilmente coerente con tutto il discorso imbastito fin dall’inizio.

Perchè Blackhat ha dalla sua la straordinaria capacità di un maestro del cinema di raccontare una storia attraverso le immagini, di dare un senso altro rispetto a quello che è presente sullo schermo, di far immagazzinare nella mente delle spettatore delle immagini e proporle più tardi in maniera diversa, ma con un eccezionale collegamento semantico. Così, le gigantesche torri rappresentate da minuscoli microchip della prima sequenza diventano i grattacieli di una metropoli. I segnali elettrici che corrono lungo i circuiti di una scheda madre si trasformano in persone che corrono lungo labirinti composti da cemento e container.
Blackhat è tutto questo, ma è anche la storia di un individuo alla ricerca della propria identità in un mondo indebolito dalla spersonalizzazione informatica.
blackhat_runMichael Mann ha uno sguardo molto critico nei confronti di un progresso che ha trasformato gli individui in una massa di individui senza personalità. Non è un caso se il protagonista si fa chiamare “ghostman”, a questo punto. Allo stesso modo, non è nemmeno un caso se la tecnologia a poco a poco sparisce, perdendo sempre più importanza nello svolgimento della trama e nella realizzazione pratica per lasciare spazio all’azione dei personaggi, alle relazioni umane, all’amore, senza però tradire lo sguardo registico.
Così le centinaia di persone/bit scorrono velocemente, irriconoscibili, mentre il protagonista non si lascia trascinare e rimane un punto fermo all’interno del quadro.
Se da una parte dunque, Michael Mann restituisce una grande lezione di cinema, dall’altra lo sceneggiatore realizza uno script pieno di clichè, interazioni banali, twist narrativi degni del cinema… di vent’anni fa, almeno e battute francamente ridicole. Un vero peccato, dunque… oppure è proprio il romanticismo di cui sopra che ha fatto scegliere ad un maestro come Mann una storia scritta in questo modo.

★★½
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Pubblicato da Giuseppe T. Chiaramonte

Nato a Catanzaro nel 1988, vive nella provincia di Milano da sempre. Appassionato di cinema fin da piccolo capisce che vuole farne la sua vita quando vede La compagnia dell'anello. Nonostante l'imprinting col genere blockbuster, che rimane nel cuore, la conoscenza del cinema d'autore arriva qualche anno dopo grazie agli studi e ora tra i suoi registi preferiti si contano nomi come Billy Wilder, Orson Welles, Alfred Hitchcock, Martin Scorsese, David Fincher e Christopher Nolan. Ma siccome nella vita è un montatore video, la vera fonte di ispirazione arriva dalla leggendaria Thelma Shoonmaker, dal maestro Walter Murch e Kirk Baxter.